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La vendetta è piatto da consumare freddo 1


di geniodirazza
07.07.2024    |    9.545    |    2 9.4
"Il dito lungo e paffuto entrò con le stesse sensazioni di alcuni piselli che talvolta avevo incontrato nelle mie copule; di più, aveva che lui sapeva..."
La vicenda ebbe origine dalle chiacchiere vuote che si consumavano a carrettate ‘nell’angolo del pettegolezzo’, un tavolo appartato del bar che di solito frequentavano, quasi un piccolo separé dove si incontravano a blaterare di tutto e di niente le signore borghesi del quartiere, quelle che prevalentemente vivevano da parassite di mariti ricchi o che lavoravano solo formalmente ma senza nessun impegno; il loro interesse primario era raccogliere pettegolezzi e tagliare i panni addosso a tutti.
Una di loro, la più vivace, si trovò a raccontare di una vacanza in un hotel a quattro stelle, ai piedi delle montagne, fornito di ogni comfort, dalle piscine alla Spa, e in grado di offrire ogni servizio alla ricca clientela, con la complicità di tutto il personale, dai fattorini ai camerieri, dai bagnini ai massaggiatori; bastava prenotare per tempo e fissare i servizi che si volevano sfruttare; per alcune particolari prestazioni, era opportuno avvertire con un certo anticipo.
Tra i massaggiatori assai ricercato era mar, uno specialista di origini medio orientali, dotato di un membro asinino, che usava con una perizia e con un’eleganza che ne facevano un grande amante; per prenotare un ‘massaggio speciale’ proprio con lui, era necessario muoversi assai per tempo, considerata la lunga lista d’attesa; quella signora l’aveva assaggiato e ne era rimasta entusiasta; altre due, che ne avevano seguito l’esempio, confermarono l‘alto gradimento.
Non frequentavo molto la cerchia delle pettegole; non ne avevo spesso neanche il tempo; ma mi trovai con loro il giorno che ne parlarono con entusiasmo; raccolsi indicazione del sito su cui andare per prenotarsi e mi diedi da fare per organizzare un soggiorno in un periodo in cui potevamo, io e mio marito, essere liberi per una settimana; prenotai anche un massaggio, semplice per Mario e ‘speciale’, con Omar, per me.
Nel mese successivo ricorreva il secondo anniversario del nostro matrimonio e fu persino semplice convincere Mario a celebrarlo regalandoci una settimana di relax ai piedi delle montagne, con la possibilità di prendere il sole, nuotare, fare un po’ di sauna ed altri esercizi da Spa; il massaggio sarebbe stato la ciliegia sulla torta di un regalo meraviglioso che mi facevo, arricchito, naturalmente dal palco di corna che gli avrei fatto, secondo quelli che erano i miei principi.
Non era affatto stato intelligente l’incontro che Mario aveva voluto con me, quella volta che venne in spiaggia, su invito degli amici, e mi chiese di passare una serata con lui; la sua condizione di giovanissimo dirigente in un’azienda importante del territorio ne faceva l’ideale per un rapporto di convivenza; buono come il pane, forse ‘tre volte buono’ come si indicavano gli ingenui o i fessi nella terminologia popolare, si caricò di una palco di corna infinito.
L’omertà diffusa tra gli amici di una vita fece sì che tutti gli tacessero che, da quando avevo quattordici anni, avevo fatto pratica di sesso coi compagni, di scuola e di giochi, ed ero ormai una stella nella fellazione e nella masturbazione; quando passai dai pisellini dei ragazzi ai falli dei maschi adulti, mi specializzai nelle tecniche, concessi lo sfintere e cominciai la mia carriera di copulatrice indefessa; l’imene lo cedetti qualche anno dopo, ad uno molto più grande di me e sposato; assunsi la pillola e mi scatenai.
Sostanzialmente, io realizzavo, con la convivenza prima e col matrimonio dopo, un autentico sogno, essere la moglie di un intraprendente economista che stava dando la scalata al potere, le cui notevolissime entrate mi consentivano agi e lussi che mai mi sarei sognata, sicché il mio stipendio da insegnante era tutto per i miei capricci, mentre il bilancio di casa era a totale carico di mio marito che non mi impediva di attingere dai suoi conti anche per le spese voluttuarie.
Mi ero fatta quindi alcuni amanti che mi sollazzavano in momenti precisi del mese o della settimana; e mi abbandonavo alla lussuria più sregolata quando mi capitava di incrociare giovani prestanti a cui chiedevo solo sesso per il breve tempo dell’incontro; mio marito, preso dai suoi giochi di potere economico, neppure si accorgeva della mia vita sregolata e sembrava certo e fiducioso di avere una moglie fedele e premurosa come quella che recitavo quando eravamo insieme.
Nel grigiore di quell’equivoco avevamo trascorso i primi due anni ed io mi preparavo a celebrare l’anniversario nella maniera più perfida possibile, quella della ‘settimana di corna’ addirittura proposta come occasione per rinnovare l’impegno, assunto col matrimonio, a costituire una famiglia felice ed armonica; il fatto che Mario, ingenuamente, ci credesse fino in fondo non mi scuoteva nemmeno un poco, visto che ‘cornuto è chi vuole e merita di esserlo’.
A rendere più pesante la situazione e più agevole a me trovare una giustificazione alle mie scelte, c’era anche il fatto che, acquisendo nuove proprietà, mio marito rendeva sempre più ampio il suo patrimonio ed ormai io mi sentivo relegata al rango di ‘bambola di porcellana’ che il grande economista esibiva in società come orpello decorativo della sua grandezza; non mettevo in conto che lui avrebbe rinunciato a quelle cerimonie ma io volevo esserci per esibirmi da primadonna.
La realtà era che io volevo apparire e risultare la protagonista, la ‘diva’ ammirata e corteggiata ed avrei voluto che lui si eclissasse davanti a me, relegato al ruolo di ‘ragioniere’ a fianco alla ‘professoressa’ del locale liceo; poiché non accettavo l’idea di essere una qualsiasi moglie borghese, il rancore contro Mario si faceva sempre più spigoloso e picchiavo alla cieca ogni volta che potevo; le corna erano una ‘punizione’ che giudicavo sacrosanta e mi dispiaceva che non gli fossero chiare.
L’altro motivo di tigna rabbiosa era per me proprio quest’ulteriore aspetto del problema; ne avevo fatte di tutti i colori e credo che pochi uomini potessero vantare la corna di mio marito in due anni o poco più di relazione; ma quell’ingenuo era riuscito a non accorgersi di niente e continuava a considerarmi la mogliettina bella ed elegante che amava presentare ai suoi amici imprenditori ignorando che molto spesso era proprio con loro che facevo sesso assai volentieri.
Anche quella vacanza si avviava sotto l’egida del massimo candore di lui e della peggiore perversione mia; ma qualcosa dentro mi suggeriva che stavolta avrei fatto diventare tutto lampante e finalmente lui avrebbe capito di essere stato messo sotto da me; arrivare a dominarlo e, forse, imporgli di essere cornuto contento o addirittura cuckold e slave mi appariva il successo che potessi conseguire nello scontro che non avevo mai dichiarato ma in cui mi impegnavo allo spasimo.
Partimmo nella tarda mattinata di un sabato e viaggiammo, come nelle abitudini di mio marito, con tutta la calma del mondo; sostammo a pranzare a panini e birra in un’area di servizio e nel tardo pomeriggio raggiungemmo la meta; lui scaricò in una rapida doccia le scorie, fisiche e mentali, del viaggio, indossò un pantalone di fresca lana ed una camicia di seta, mi fece appuntamento per la cena al ristorante ed andò ad ‘esplorare’ la struttura per avere sotto controllo, come era sua abitudine, ogni situazione.
Mi preparai con altrettanta cura e lo raggiunsi sul bordo della piscina, prendemmo una bibita ristoratrice e mi soffermai a guardare il ‘panorama umano’ selezionando quello tra i bagnini che avrei volentieri incontrato per una piacevole ora di sesso; l’ipotesi era rinviata di qualche giorno, però, perché per i primi due volevo comportarmi da perfetta moglie in viaggio di anniversario col marito; per il martedì pomeriggio avevo prenotato il massaggio speciale con Omar; poi, mi sarei scatenata.
Infatti, mi ero prefissata, per quella occasione, una precisa strategia; domenica, festa di anniversario, e lunedì, data dell’evento, sarei stata la moglie affettuosa e felice che mio marito si aspettava; martedì avevo prenotato il mio massaggio speciale e mi sarei abbandonata alla lussuria più scatenata; dopo, intendevo essere chiara ed esplicita; se avesse accettato di asservirsi alle mie voglie, tutto sarebbe filato liscio; in caso contrario, ero pronta a recuperare la mia libertà.
Quella sera cenammo in maniera frugale e ci ritirammo in camera; dopo, anche per la stanchezza accumulata nel viaggio, ci limitammo ad una ‘copula matrimoniale’ rigorosamente alla missionaria; piombammo nel sonno contemporaneamente; il giorno seguente, domenica, era stato organizzato tutto per celebrare la festa del nostro secondo anniversario; passammo la giornata fra piscina, sauna e Spa; ebbi modo di studiare le possibili ‘trasgressioni’.
Dopo il pranzo luculliano appositamente ordinato, passammo il pomeriggio a ciondolare tra le strutture dell’albergo e le diverse attrezzature, per prendere confidenza; la cena fu un trionfo di delizie e di dolcezze; Mario era veramente convinto dell’importanza di quella celebrazione; si scusò per non avere pensato ad un regalo giusto; ma gli feci osservare che quasi dieci giorni di vacanza in quelle condizioni erano un regalo prezioso e adeguato all’occasione.
Quella notte facemmo l’amore nella maniera più entusiasmante e ricca che ricordassimo e Mario mi fece godere a lungo coi preliminari in cui era un autentico specialista; le copule, in tutti gli accessi, consentiti e non, furono lunghe ed entusiasmanti; per lui, furono la manifestazione di un amore immutato e immenso; per me, un’ulteriore dimostrazione di come a letto riuscissi a mantenere un dominio assoluto sulla nostra passione e a dare corpo alle penetrazioni più ardite e passionali.
Trascorremmo il lunedì, da sposini imbranati, tra piscina, sauna e giochi d’acqua; mio marito, secondo le sue abitudini, si informò su tutto nei minimi particolari; lo turbò alquanto la dicitura di ‘speciale’ al massaggio per me mentre quello per lui era etichettato ‘normale’, con una differenza di costo assai notevole; lo distrassi accennando ad imprecise differenze di trattamento; benché ancora titubante, accettò di buon grado la spiegazione e glissò sull’argomento.
Il martedì fibrillai evidentemente in attesa dell’incontro con Omar, ma riuscii ad impormi calma e serenità di risposte anche alle osservazioni più incisive di mio marito; finalmente, nel tardo pomeriggio, ci avviammo al locale per i massaggi; solo lì scoprii che, forse per un’interpretazione equivoca della prenotazione, eravamo stati sistemati nello stesso camerone, su due lettini divisi solo da un paravento giapponese; lui avrebbe ascoltato tutto quel che avrei fatto; non me ne curai.
Entrati nella sala, mio marito si diresse al primo lettino, dove una massaggiatrice bene in carne lo accolse con molte riverenze e lo mandò a spogliarsi in un sgabuzzino lì a fianco; superato il paravento, trovai ad attenermi Omar, un omone grosso e muscoloso che mi accolse con un sorriso a trentadue denti e mi indicò lo spogliatoio dove dovevo liberarmi degli abiti; era previsto che indossassi un camice di carta particolare, ma scelsi di tornare al lettino già completamene nuda, per la gioia dei suoi occhi; mi stesi supina.
Partì dalle tempie e mi massaggiò a lungo la testa; scese progressivamente al seno e martellò col taglio delle mani su mammelle ed aureole; strizzò e titillò i capezzoli; i primi brividi di lussuria mi assalirono quasi all’improvviso e mi concessi alla libidine strappandomi dall’utero brevi ed intense sferzate di orgasmi; scese lungo l’addome e insistette a lungo su ventre e pube; di colpo, passò a manipolare i piedi e risalì picchiettando con il taglio delle mani lungo le gambe e le cosce.
Sentivo nettamente la pelle raggrinzirsi e contrarsi per il piacere; la vagina colava umori di orgasmo e sentivo bagnarmi tutta fino a versare umori sul lenzuolo di carta posto sul lettino; quando Omar si sistemò al mio fianco per una migliore posizione nel palpeggiamento, allungai una mano ed aprii il camice senza sciogliere la cintura; avvertii la massa del sesso enorme e ne godetti intimamente; tirai il fallo verso il viso e in breve lo ebbi all’altezza della bocca.
Cominciò la mia goduria vera, con le sue mani che massaggiavano sapientemente, palpavano sensualmente seni e vagina, titillavano apertamente il clitoride scatenandomi un inferno di piacere dappertutto; la mia bocca fu piena della sua verga che spinsi verso la gola fin quasi a soffocarmi; cominciai la fellazione più dolce e impegnativa della mia lunga esperienza e presto sentii che si sottraeva per non avere un orgasmo troppo rapido.
I gemiti mi sgorgavano naturali e irrefrenabili; sapevo che, a meno di un metro da me, mio marito non poteva ignorare il senso di quei gemiti e decisi che alla fine avrei dovuto fare chiarezza su tutto; ma non me ne importava niente e preferivo lasciarlo ad essere cosciente delle corna, fino a quel momento subite senza sapere niente; con l’aplomb che tutti gli riconoscevano quasi di necessità, vista la professione, ascoltava attento e glissava; non prendeva neppure in esame l’ipotesi di ricambiare con la massaggiatrice.
Ormai la mia lussuria si era scatenata e niente mi avrebbe fermata; il giovane massaggiatore continuò imperterrito la sua benefica operazione di rilassamento di tutti i muscoli del corpo, ma soprattutto si dedicò a quelli più segreti; spostatosi ai miei piedi, mi divaricò le gambe e massaggiò l’interno delle gambe e delle cosce fino all’inguine; sentii la sua mano paffuta afferrare in blocco la vulva e il medio scivolò naturalmente in vagina, facilitato dall’olio con cui mi aveva cosparso tutto il corpo.
Il dito lungo e paffuto entrò con le stesse sensazioni di alcuni piselli che talvolta avevo incontrato nelle mie copule; di più, aveva che lui sapeva perfettamente come raggiungere il punto di massima lussuria per me e in un attimo mi trovai a provare orgasmi totalmente nuovi che scatenarono le mie riconoscibili urla a tutto il mondo; ero certa che Mario le sentisse nettamente e che ne capisse la scaturigine; ma avevo anche previsto che avrebbe taciuto; così fu.
Ero prenotata per due ore, nella versione ‘speciale’ del trattamento; lui solo per un’ora; credo che dopo tre quarti d’ora abbandonò il laboratorio e se ne andò dio sa dove; non mi ero mai curata di lui, nelle mie peregrinazioni sessuali; meno ancora lo feci in quel momento di svolta e mi concentrai tutta sulla copula che diventò rapidamente assai intrigante e sensuale; quando ci fossimo ritrovati, dopo il massaggio, avremmo parlato e sapevo bene come comportarmi, a quel punto.
Omar intanto , dopo avermi massaggiato le cosce fino al pube, si era disteso su di me, spingendomi a divaricare le cosce finché il robusto fallo si appoggiò sul monte di venere; un lieve tocco della mano lo indirizzò alla vagina e cominciò a penetrarmi con voglia lussuriosa; mi sentii quasi spaccare in due, nonostante l’abitudine a mazze anche molto dure e grosse, perché violava decisamente spazi e tessuti del canale vaginale ancora intonsi, per molti aspetti.
Urlavo, godevo e sbrodolavo senza fine, in preda ad una voglia lussuriosa che ormai non controllavo; lui picchiava con energia e delicatezza; mentre mi sfondava, sentivo di essere accarezzata in ogni dove; ed era anche vero perché, intanto, non aveva smesso di palpare, massaggiare, baciare, leccare, mordicchiare ogni punto del corpo che era in grado di raggiungere mentre mi sbatteva in vagina una mazza violenta ed entusiasmante.
Per almeno una mezz’ora, il batacchio picchiò strappandomi tutto il piacere immaginabile; per accentuare le sensazioni, più volte mi ruotò addosso o mi fece girare per infilarmi la mazza da diverse posizioni, per farla ruotare e farmi godere; sentii il suo corpo scatenarsi sul mio coinvolgendolo tutto nella copula, dalla testa ai piedi; mi stese di pancia sul lettino e mi penetrò in vagina da dietro, coinvolgendo nella libidine la schiena e le natiche; mi prese in tutti i modi, da sopra, da sotto, da davanti da dietro.
Provai, nel lunghissimo tempo di quella sola copula, tutto il piacere che potevo derivare dalla mazza che mi titillava l’utero e dal corpo che mi accarezzava tutti i lembi di pelle; quando si fu soddisfatto ampiamente del mio godimento, mi montò alla missionaria e mi scaricò nell’utero una lunga e soddisfacente eiaculazione; si rilassò alquanto, scivolò via dal mio corpo e si alzò in piedi a fianco a me, con il pube accostato alla faccia; istintivamente, quasi, presi in bocca il sesso barzotto e gocciolante di sperma.
Mi sentii quasi obbligata, a quel punto, ad essere io a dare prova della mia abilità nella fellazione; cominciai dalla cappella e la percorsi tutta, in lungo e in largo, con la lingua che la sollazzava, la titillava, la stimolava; riservai lo stesso trattamento a tutta l’asta che percorsi dalla punta alla radice, passai sui testicoli gonfi e tesi e leccai a lungo la mazza in tutti i punti; poi la presi in bocca, a succhiarla e a passarla per tutti i gangli della bocca, stimolandola con la lingua e spostandola da gota a gota, sul palato fino all’ugola.
Omar aveva usato una delle sue mani grosse e grassottelle per afferrarmi a palma piena la vulva; infilò in vagina il dito medio e mi titillò a lungo, stimolando ogni ganglo fino a che trovò il punto di massimo piacere e, accortosene, lo tormentò facendomi gemere più volte per gli orgasmi; l’altra sua mano mi aveva afferrato una tetta e aveva strofinato tra pollice e indice il capezzolo provocandomi brividi di lussuria; ogni volta, spingevo istintivamente la sua asta in fondo all’ugola, quasi soffocandomi di piacere.
Mi godetti quella copula in gola per almeno mezz’ora, mentre lui mi martellava seni e vagina provocandomi orgasmi e piacere infinito; pensai per un attimo di farlo godere in bocca, ma rinunciai perché sentire li sapore della sua mascolinità era la cosa che desideravo fare per ultima , prima della conclusione di quell’unica seduta di sesso ad altissimo potenziale; frenai la spinta stringendo l’asta fuori dalla bocca e sfilando lentamente la parte immersa in gola.
Lui capì la mia intenzione e diede una nuova svolta alla copula; si spostò ai miei piedi, mi fece ruotare a pancia sotto, mi afferrò per le anche e mi fece scivolare dolcemente finché i miei piedi toccarono terra mentre il busto era piegato sul lettino; divaricò le gambe e manipolò a lungo il solco fra le natiche; era chiaro ormai che mi vi avrebbe penetrato analmente; versò del liquido e dopo un poco sentii la cappella della sua enorme mazza appoggiata all’ano.
Avevo larga esperienza di coito anale; ma quella mazza un poco mi impressionava; temevo di sentire dolore per la violazione del mio sfintere da parte di un simile mostro; ma mi dovetti ricredere immediatamente, forse il liquido lubrificante aveva un effetto anestetizzante, perché sentivo solo, nettamente, lo spessore nuovo, per me, della mazza che si apriva la strada nel mio retto e ne gustavo appassionatamente le stimolazioni, specie sull’utero preso da dietro.
Fu una cavalcata intensa, lunga e appassionata; urlai non so quante volte per il piacere che l’asta nel retto mi provocava; gli orgasmi si succedevano agli orgasmi e sentivo tutto il ventre coinvolto nella libidine che mi veniva all’ano forse lacerato; andò avanti a lungo e mi prese in diverse pose, da davanti e da dietro, piegandomi a suo piacimento alla penetrazione più nuova ed eccitante che conoscesse o che fosse capace di improvvisare.
Mi persi nel languore della lussuria e mi abbandonai alla gioia di sentirmi posseduta, amata, violentata, usata; godevo del piacere che mi procurava e di quello che speravo di dare a lui, anche se avevo coscienza che un mercenario aveva molta più tecnica ed abilità che passione; comunque, era la più bella copula anale che avessi mai sperimentato e, in cuor mio, benedicevo la pacca di soldi che l’incontro mi era costato, anche perché, a pagare, era stato il solito cornuto.
Quando ormai mancava poco alla scadenza delle due ore che avevo prenotato di copula, Omar si lanciò nell’ultimo assalto che fu enorme per intensità, per forza e per lussuria; sentivo il vai e vieni dal mio intestino come un ciclone che tormentasse il mio ventre con sferzate continue di piacere, di lussuria e di libidine; partecipavo con intensità mai provata prima a quella copula ed ero al settimo cielo per la gioia dell’esperienza fatta.
Avendo intuito che volevo l’ultima eiaculazione in bocca, per andarmene col suo sapore in gola, Omar mi spinse ad accosciarmi davanti a lui, ai piedi del lettino; per favorire il movimento, depositò per terra un cuscino su cui mi inginocchiai mentre prendevo in mano il suo mostruoso fallo e lo curavo delicatamente con la lingua fatta passare con attenzione su tutta l’asta, dai testicoli alla punta; per non sforare oltre i tempi previsti, cominciò a copulare facendo vibrare parti ancora intonse della bocca e della gola.
Non impiegò molto a raggiungere l’orgasmo e, mentre il timer segnava la fine della nostra performance, mi svuotò in bocca una ricca e densa eiaculazione; depositai lo sperma sotto la lingua e lo ingoiai dolcemente, lentamente, sapientemente, mentre mi gustavo la conclusione della più bella seduta di sesso che avessi sperimentato; solo quando cercai di muovermi per rivestirmi, mi resi conto che ero felice ma anche molto acciaccata; stentai alquanto a riprendere i normali movimenti.
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